General Discussions  
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Operazione "Agreement"
Posted by: Francesco Mattesini ()
Date: June 15, 2012 04:02PM

TEXT IN ITALIAN

L’OPERAZIONE AGREEMENT:
Il fallito sbarco britannico a Tobruk del 14 settembre 1942

Nella tarda estate del 1942 si verificò un grosso insuccesso delle forze aeronavali e terrestri britanniche, concretatosi il 14 settembre, durante un’azione contro l’importantissimo porto di Tobruk, il principale scalo dei rifornimenti dell’Asse diretti al fronte egiziano di El Alamein. Lo scopo dell’operazione, chiamata in codice “Agreement”, nacque al Cairo, per iniziativa del Comandante in Capo del Medio Oriente, generale Claude Auchinleck, poi confermata dal suo sostituto generale Harold Alexander, caduto in disgrazia presso Winston Churchill che gli rimproverava un contegno scarsamente aggressivo.
L’intendimento dell’ ”Agreement” era quello di alleggerire, con un’azione dimostrativa e spettacolare, la pressione del feldmaresciallo Erwin Rommel sul fronte di El Alamein e costringerlo a distaccare nelle retrovie della Cirenaica una parte delle sue forze che fronteggiavano l’8a Armata britannica. L’azione fu pianificata con un attacco dal mare contro Tobruk (operazione “Daffodil”, spalleggiato da un’azione di una colonna mobile terrestre di 83 uomini (Forza cool smiley proveniente dal deserto, oasi di Cufra, con diciotto camionette canadesi Chevrolet, al comando del tenente colonnello John Edward Haselden, comandante dei “Long Ranger Desert Group” (LRDG) e ideatore del piano “Agreement”. Era previsto di raggiungere, in ventiquattro ore, la totale distruzione degli impianti portuali e delle unità navali alla fonda nella rada, nonché di tutti gli apprestamenti e depositi logistici, incluse le cisterne a prova di bomba contenenti le scorte di benzina. In tal in modo si sarebbe paralizzata per lungo tempo l’efficienza della piazzaforte come porto e base di rifornimento per le forze dell’Asse, che avrebbero dovuto inoltrare i rifornimenti marittimi a Bengasi, 260 miglia più arretrato rispetto a Tobruk.
L’operazione “Agreement”, fu descritta dal Comandante della Mediterranean Fleet, ammiraglio Henry Harwood, come “un’impresa disperata”, essendo nata da una richiesta urgente di aiuto da parte dell’8^ Armata britannica, e pertanto giustificata soltanto dalla pericolosa situazione predominante in quel momento sulla linea del fronte egiziano. Le truppe, reparti di commando e di guastatori, furono imbarcate sui due cacciatorpediniere di squadra della 22a Flottiglia SIKH (capitano di vascello St John Aldrich Micklethwait) e ZULU (Forza A), che presero il mare da Haifa la sera del 12 settembre, e su sedici motosiluranti (Forza C), sette della 10a Flottiglia (MTB.260, 261, 262, 265, 266, 267, 268) e nove della 15a Flottiglia (MTB.307, 308, 309, 310, 311, 312, 314, 315, 316), che, assieme alle tre motolance ML 349, 352 e 353, salparono lo stesso giorno in formazione da Alessandria. Comandava la Forza C il capitano di fregata J.F. Blackburn.
I due cacciatorpediniere avevano a bordo 380 soldati, mentre ciascuna motosilurante trasportava 160 soldati, dieci per ogni unità. Le motolance, invece, trasportavano un reparto di 40 sabotatori e le cariche esplosive per la demolizione degli obiettivi. Durante la navigazione per raggiungere Tobruk la motosilurante MTB.268 (sottotenente di vascello David Cowley Souter), a causa di un guasto al motore, fu costretta a rientrare ad Alessandria, dopo aver trasferito i suoi dieci soldati sulla motolancia ML 353.
Per dare allo sbarco l’appoggio navale, sempre la sera del 12 settembre, partì da Porto Said, la Forza D, costituita dall’incrociatore contraereo COVENTRY (capitano di vascello Ronald John Robert Dendy) e dai 4 cacciatorpediniere di scorta della 5a Flottiglia tipo “Hunt”, BELVOIR, DULVERTON, HURSLEY e CROOME.
Un secondo gruppo navale, con altri 4 cacciatorpediniere di scorta della 5a Flottiglia HURWORTH, BEAUFORT, EXMOOR e ALDENHAM, salpò da Alessandria alle 09.25 del 13 settembre, si ricongiunse al gruppo dell’incrociatore COVENTRY a nord della baia di Aboukir, e nella giornata del 14 settembre, mentre era in corso l’operazione di commando contro Tobruk, rimase ad incrociare al largo di Marsa Matruk.
Nello stesso tempo un altro gruppo navale britannico, costituito dall’incrociatore leggero Dido (capitano di vascello Henry William Urquhart McCall), della 15a Divisione, e dai cinque cacciatorpediniere di squadra della 14a Flottiglia Jervis (capitano di vascello Albert Lawrence Poland), Javelin, Pakenham, Paladin e Kelvin, effettuava una diversione all’operazione “Agreement” bombardando nella notte la località di El Daba, ad ovest di El Alamein.
Era previsto che la RAF del Medio Oriente (maresciallo dell’aria Arthur Tedder) desse protezione con scorta aerea ai gruppi navali sia all’andata che al ritorno, impiegando soprattutto i caccia a lungo raggio Beaufighter del 252° e 272° Squadron.
Nel frattempo, il compito delle sedici motosiluranti, che con le tre motolancie costituivano la cosiddetta Forza C, era di penetrare nella rada di Tobruk, per attaccarvi il naviglio all’ancora e quindi, sbarcando dalle motolance i centocinquanta guastatori, distruggere le opere portuali. L’operazione non ebbe successo, in quanto l’entrata al porto di Tobruk venne tempestivamente chiusa dagli italiani con uno sbarramento lungo le difese retali da diciassette motozattere (sette della 6a Flottiglia tedesca), appoggiate dalle torpediniere CASCINO, MONTANARI e CASTORE. Ne conseguì che quando verso le 03.00 del 14 settembre le motosiluranti britanniche si avvicinarono all’ingresso della rada, per forzare le ostruzioni, furono controbattute ed infine respinte dal nutrito fuoco sviluppato, con cannoni e mitragliere, dalle torpediniere e delle motozattere, a cui si aggiunse successivamente il tiro delle batterie costiere.
A partire dall’alba, aerei da caccia italiani della 5a Squadra Aerea e aerei da bombardamento e tedeschi del X Fliegerkorps e del Fliegerführer Afrika attaccarono a più riprese le motosiluranti in ritirata. Particolarmente efficaci si dimostrarono le azioni a bassa quota degli Mc 200 italiani del 13° Gruppo Assalto (maggiore pilota Renzo Viale) che, armati con bombe alari da 50 chili, alle ore 07.30 incendiarono e affondarono la MTB 312 (tenente di vascello I.A. Quarrie), il cui equipaggio fu raccolto dalla MTB 266. Sempre per opera degli MC 200 del maggiore Viale fu colpito da una bomba sul ponte il cacciatorpediniere SIKH, furono affondate le motolance ML 352 (tenente di vascello G.R. Worledge) e ML 353 (tenente di vascello E.S. Michelson), che essendo cariche di esplosivi furono viste dai piloti italiani saltare in aria dopo essersi incendiate, fu danneggiata nella sala macchine la MTB 313 (sottotenente di vascello Thomas George Fuller), e fu immobilizzata la motosilurante MTB 308 (tenente di vascello Roy Yates), la cui sorte era però già segnata.
Infatti, un velivolo tedesco Ju 88 – facente parte di una formazione di venti bombardieri del 2° Gruppo del 1° Stormo Sperimentale (II./LG.1), decollata alle 10.15 da Iraklion (Creta) al comando del maggiore Gerhard Kollewe – colpito dal fuoco delle mitragliere delle motosiluranti, precipitò sulla MTB 308 che affondò, disintegrandosi, con l’intero equipaggio. Decedettero anche i quattro uomini del velivolo tedesco, che apparteneva alla 4a Squadriglia (4./LG.1), ed aveva per capo equipaggio il sottufficiale Karl-Heinz Bruns. La MTB 310 (tenente di vascello Stewart Lane), dopo essere stata attaccata da cinque cacciabombardieri italiani Mc 200 dell’8° Gruppo Assalto, al comando del capitano pilota Sansone, fu affondata nel pomeriggio a nord di Marsa Matruh da una formazione di otto Ju 87 tedeschi del 3° Stormo Stuka (St.G.3). I superstiti raggiunsero la costa egiziana, mentre l’equipaggio della ML 353 fu raccolto dalla torpediniera italiana CASTORE, inviata con la MONTANARI a recuperare i naufraghi.
La MTB 314 (tenente di vascello H.W. Sheldrick), che nel tentativo di forzare l’entrata del porto di Tobruk si era arenata a Marsa Sciausc ed era stata abbandonata dall’equipaggio (che inutilmente tentò di distruggerla con una carica esplosiva che non si attivò), poi raccolto dalla MTB 261 (tenente di vascello M. Yeatman), fu catturata, praticamente indenne, dal motodragamine germanico della 6a Flottiglia R 10 (tenente di vascello Peter Reischeauer). Questa piccola nave, dopo aver disincagliato la MTB 314, la guidò in porto con la bandiera tedesca a riva. Ribattezzata RA 10 e immessa in servizio nella Marina germanica quale unità trasporto siluri, la motosilurante fu affondata il 30 aprile 1943 presso Augusta (Sicilia) da quattro aerei da caccia Spitfire del 249° Squadron della RAF, decollati da Malta.
Nel frattempo, i cacciatorpediniere SIKH e ZULU, con a bordo i 380 fucilieri della Marina, avevano raggiunto le posizioni loro assegnate al largo di Marsa Adua nelle prime ore del mattino del 14 settembre, ma durante le operazioni di sbarco delle truppe furono illuminati da riflettori, cui seguì, da breve distanza, il fuoco delle batterie costiere della Regia Marina “Belotti”, “Tordo”, “Dandolo” e “Grasso” (13 cannoni da 120 e 152 mm), e dai sei pezzi da 88 mm. della 76a Batteria del 46° Reggimento Contraerei germanico.
Il SIKH fu ripetutamente colpito. Una granata immobilizzò il timone, e un incendio scoppio in un deposito di munizioni della torre A, che poi esplose. Un altro proiettile colpì il cacciatorpediniere costringendolo dapprima a diminuire la velocità a dieci nodi e poi, alle 05.20, ad arrestarsi in fiamme, incapace, anche per i danni al timone, di realizzare un qualsiasi movimento. Lo ZULU, comandato dal capitano di fregata Richard Taylor White, rimasto anch’esso colpito e danneggiato dalle batterie costiere, tentò di rimorchiare il SIKH, ma poi verso l’alba, mentre era ancora raggiunto dai proiettili d’artiglieria, fu costretto ad allontanarsi. Il SIKH, con le sale macchine e caldaie allagate, fu allora abbandonato per ordine del suo comandante, capitano di vascello St.John Aldrich Micklethwait. Poco dopo le 06.30 – venendo anche attaccato da alcuni cacciabombardieri italiani MC 200 del 13° Gruppo Assalto che lo colpirono sul ponte con una bomba da 50 chili, e cannoneggiato dal cacciatorpediniere CROOME che gli impartì il colpo di grazia dopo averne recuperato l’equipaggio – il SIKH colò a picco esplodendo. I superstiti raggiunta la vicina costa, furono fatti prigionieri.
Lo ZULU, dopo aver abbandonato il SIKH, nel ritirarsi inizialmente alla velocità di trenta nodi, si congiunse ai cacciatorpediniere di scorta HURSLEY e CROOME arrivati in suo sostegno. Quindi, lo ZULU raggiunse l’incrociatore COVENTRY che, prima di invertire la rotta verso Alessandria, si era spostato verso Tobruk per dare anch’esso protezione alle navi che si stavano ritirando.
Alle ore 11.40 del 14 settembre, trovandosi a Nord di Marsa Matruk, il COVENTRY costituì il bersaglio principale di una formazione di sedici bombardieri tedeschi Ju 88 del 1° Gruppo del 1° Stormo Sperimentale (I./L.G.1) del X Fliegerkorps, decollati da Iraklion (Creta), che attaccarono in picchiata al comando del capitano pilota Joachim Helbig. Ciascun velivolo era armato con una bomba da 500 chili e tre bombe da 250 chili. L’incrociatore, colpito in pieno da quattro bombe, tre delle quali esplosero nei locali delle macchine mentre la quarta apriva un ampio squarcio a prora, e bersagliato anche dal fuoco dei cannoncini e delle mitragliere degli Ju 88 che aumentarono i danni, rimase immobilizzato, e in quella posizione fu fotografato dal velivolo del tenente pilota Horst Berger. Quindi, in preda alle fiamme, il COVENTRY fu abbandonato dall’equipaggio tra il quale si dovette lamentare la morte di 63 uomini. Alle 15.15 il cacciatorpediniere ZULU dette con siluro il colpo di grazia all’incrociatore che affondò in serata in lat. 32°40’N, long. 28°17’E.
Le incursioni contro le unità navali inglesi che dirigevano verso Alessandria si susseguirono con intensità crescente da parte di aerei tedeschi del Fliegerführer Afrika e del X Fliegerkorps di base in Nord Africa e a Creta, che, escludendo i ricognitori e i caccia di scorta, impiegarono per tutta la giornata un totale di 167 velivoli offensivi. Di essi 81 erano bombardieri Ju 88, 73 bombardieri a tuffo Ju 87 e 13 cacciabombardieri Bf 109, mentre da parte italiana intervennero soltanto ventisei cacciabombardieri Mc 200, e dodici aerosiluranti S. 79 del 131° Gruppo che però non trovarono gli obiettivi da colpire. Naturalmente, essendo l’unità più grande rimasta nella formazione navale britannica, lo ZULU costituì il bersaglio di gran parte dei 30 bombardieri Ju 88 del I. e II./LG. 1, decollati nel pomeriggio dagli aeroporti di Creta, che però non riuscirono a mettere colpi a segno contro il cacciatorpediniere, che reagiva agli attacchi con tutte le sue armi. Tuttavia, le bombe cadute vicino allo scafo causarono allo ZULU una diminuzione della velocità e la messa fuori uso delle apparecchiature radio.
Ma era destino che per il menomato cacciatorpediniere si realizzasse un epilogo fatale; e ciò si avvenne per un attacco dei velivoli del Comando Aereo Africa (Fliegerfuhrer Afrika), e precisamente per opera di una formazione di diciannove Ju 87 del 3° Gruppo del 3° Stormo Stuka (III./St.G.3), guidati dal capitano Kurt Walter. Alle ore 16.15 una bomba da 250 chili esplose nella sala macchine dello ZULU, determinando l’allagamento delle sale caldaie e macchine, e arrestandone la velocità.
Il cacciatorpediniere, sbarcati i commando che ancora erano a bordo, trasferendoli con quasi tutto l’equipaggio sul CROOME, fu preso a rimorchio dall’HURSLEY (tenente di vascello William John Patrick Church). Ma poiché la sua galleggiabilità era compromessa dalle forti entrate d’acqua in carena, fu definitivamente abbandonato, anche dal nucleo degli uomini che era rimasto a bordo per le operazioni di rimorchio. Alle 21.54 lo Zulu, sbandando sulla dritta e capovolgendosi, affondò rapidamente in lat. 32°00’N, long. 28°56’E, a nord di Marsa Matruk. Ciò avvenne prima che fosse potuto intervenire il rimorchiatore BRIGANT, fatto partire da Alessandria, scortato dai cacciatorpediniere di scorta ALDENHAM e BELVOIR, che erano andati in porto a rifornirsi, e dei velivoli da caccia a lungo raggio Beaufighter del 252° e 272° Squadron della R.A.F. Con lo ZULU si persero trentotto uomini, compresi quattro ufficiali.
L’operazione britannica contro Tobruk, che era stata appoggiata durante la notte, come preparazione allo sbarco, anche dai bombardieri della R.A.F. con 91 missioni velivolo, risultò un vero fallimento, sia in mare sia a terra, dal momento che la pronta reazione della guarnigione dell’Asse aveva fatto fallire nella notte ogni tentativo di infiltrazione nella piazzaforte, ed in particolare nella rada.
Nel corso dell’“Agreement” gli unici risultati conseguiti dai britannici furono rappresentati dalle distruzioni causate da sabotatori, provenienti dal deserto con camionette, all’aeroporto di Barce, a nord-est di Bengasi, ove si verificò per la Regia Aeronautica la perdita di sedici velivoli, sette dei quali bombardieri Cant. Z. 1007 bis del 35° Stormo (colonnello Bruno Borghetti), che il 15 giugno, nel corso dell’operazione “Vigorous”, avevano colpito e affondato il cacciatorpediniere australiano Nestor. Falli, invece, con gravi perdite di uomini e mezzi causati da truppe e aerei italiani, il tentativo di altri sabotatori per attaccare il porto di Bengasi e l’aeroporto di Benina, ad alcuni apprestamenti logistici dell’Asse in Cirenaica, come l’Oasi di Gialo, che fu circondato per alcuni giorni, senza essere conquistato per la tenace difesa degli italiani.
Pesantissime furono le perdite britanniche subite nell’attacco a Tobruk, quantificate in circa 700 uomini tra morti e prigionieri, mentre quelle delle forze dell’Asse che difesero la piazzaforte furono alquanto minori. Infatti, secondo i dati riportati nel Diario del Comando Supremo italiano, sulla scorta di un rapporto giunto dal Comando del feldmaresciallo Rommel, le perdite delle forze dell’Asse riportate a Tobruk nella giornata del 14 settembre furono rappresentate da “54 morti e 29 feriti tra il personale della Regia Marina e battaglione “S. Marco”, 16 morti (1 tedesco) e circa 50 feriti (7 tedeschi) tra i reparti terrestri”. Secondo altre fonti più aggiornate e recenti i caduti italo-tedeschi sarebbero stati 62 e i feriti 119.
Quanto alle perdite aeree nelle azioni contro le navi britanniche, esse riguardarono esclusivamente la Luftwaffe. Tre Ju 88, due dei quali del II./LG.1, andarono perduti in combattimento, mentre due Ju 87 del II./St.G. 3 si ndistrussero per essere entrati in collisione nella base di Haggag el Quasaba.
Concludendo, l’operazione britannica, nonostante le gravi perdite, non fu del tutto inutile. Essa, infatti, ottenne il desiderato risultato di sottrarre alcuni reparti di truppe dell’Asse dal fronte di El Alamein per proteggere le retrovie, nel momento in cui l’8^ Armata di Montgomery, ricevendo ingenti rinforzi di mezzi corazzati dagli Stati Uniti, stava preparando quella controffensiva che, iniziata il 23 ottobre 1942, l’avrebbe ben presto portata alla riconquista dell’Egitto e ad un inarrestabile avanzata in Cirenaica.

FRANCESCO MATTESINI

15 Giugno 2012

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Operazione "Agreement" Francesco Mattesini 06/15/2012 04:02PM
Re: Operazione "Agreement" luzenga 09/02/2012 04:27PM


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