Ciao Platon,

ti ringrazio per la precisazione.

Il fatto che il punto di sbarco degli uomini addetti alle segnalazioni fosse avvenuto distante dal punto prefissato, rappresenta indubbiamente un grosso errore da parte del sommergibile TAKU, che era stato effettivamente scoperto dagli italiani, generando a Tobruk un primo stato di allarme.

Ma anche se i Marines fossero stati sbarcati sul punto stabilito, non credo che la situazione sarebbe cambiata perché lo sbarco si verificò in una zona fortemente presidiata (non prevista indubbiamente nella pianificazione dell’”Agreement”) dai soldati italiani del 2° Reggimento Artiglieria Contraerea.

Le altre batterie, della Marina e dell’Esercito, nonché una batteria tedesca da 88 mm, si trovano più arretrate, ed erano in grado, protette dalle fortificazioni avanzate, inclusi i grandi forti, di reggere a qualsiasi tentativo di avanzata dei Marines, sbarcati dai cacciatorpediniere SIKH e ZULU; sbarco che avvenne impiegando i rudimentali e improvvisati barconi costruiti in Egitto, in parte a motore e in parte senza motore, e pertanto rimorchiati dai barconi a motore . Un sistema di sbarco rudimentale, che portò durante lo sbarco a forti perdite di uomini e mezzi, e che non sarebbe stato più ripetuto dai britannici, che in avvenire avrebbero impiegato gli efficenti mezzi LCT, LCI e LST.

Vi fu, indubbiamente, da parte dei pianificatori al Cairo un’eccessiva presunzione di arrivare ad ottenere il successo con forze limitate; ma soprattutto vi fu una sottovalutazione delle possibilità reattive degli italiani, che nell’episodio agirono con tempestività e decisione e coraggio, facendo intervenire nei punti più minacciati i Fanti del Mare (“Marines”) del Battaglione San Marco, i fanti e gli artiglieri dell’Esercito, i marinai italiani e tedeschi del porto, e i Carabinieri.

. A queste forze, verso l’alba, quando oramai l’insuccesso britannico non poteva essere evitato, si sarebbero aggiunti i soldati tedeschi della guarnigione, stanziati fuori Tobruk, che, immodestamente, si accreditarono i meriti maggiori del successo italiano.

E poi da sottolineare, per correggere un'altra inesattezza, che l’affondamento del cacciatorpediniere SIKH non è da accreditare alla batteria da 88 tedesca che si trovava all’estremità nord orientale della penisola di Tobruk, ma bensì, e soprattutto, al fuoco concentrato di tutte le batterie della Marina, con gli uomini che – impiegando i ben più micidiali cannoni da 120, 149 e 152 mm –sparando ad alzo zero, videro i loro proietti centrare più volte il bersaglio.

Ho consegnato all’Ufficio Storico della Marina Militare un saggio sull’operazione “Agreement” di 70 pagine, nella speranza che, essendo stato accettato, sia stampato al più presto nel Bollettino d’Archivio.

Ti saluto cordialmente

Francesco Mattesini